I nostri viaggi? son differenti


Instagram è davvero pieno di viaggiatori
Siano essi pagati, paganti, o depressi simulatori, l'unico dato certo è la loro sovrabbondanza con tanto di richiamo ai vari travel blog, che se alla fine ce li si spulcia tutti, ci si rincoglionisce. 
Io un giorno l'ho fatto. Così per curiosità, nella speranza di carpire qualche segreto da poter far mio per arricchire il nostro di blog.
Al di là di qualche rara eccezione, sono pochi quelli che mi hanno entusiasmato. Non per la banalità, ci mancherebbe altro, per la scarsa originalità. 
Ho notato che il 90% dei travelblogger predilige la scrittura informativa, come fosse una sorta di agenzia, ridondante nel costrutto delle frasi, molto spesso ripetitive e stracolme di nozioni storico-culturali difficilmente assimilabili dal nostro cervello, soprattutto da quelli mal allenati. 
"Si allunga il brodo" è vero, ma stringi stringi non viene detto nulla che non sia reperibile in loco dentro un qualche centro informazioni.

Sarà che noi, quando scegliamo una meta, non ci soffermiamo sull'uso delle info, non le cerchiamo mai prima, e di conseguenza troviamo insensati certi titoloni post ritorno: "cosa fare ad Amsterdam in 3 giorni" "5 motivi per andare alle Canarie" "Quando andare a Singapore". Cosa cazzo significa? Perchè qualcun altro al di fuori di noi stessi, ci deve suggerire dei motivi per partire? Li sapremo già se abbiamo deciso di andare, o no? E ovviamente sapremo quando andare, giusto? 
Fateci andare e vediamo cosa ci suscita. 

Eh si, perchè in fase di produzione non ci accodiamo agli stili adottati dai sopracitati blogger, prediligendo una scrittura di tipo emozionale
Mentre scriviamo un resoconto stiamo attenti alla grammatica e al lessico, ovvio, però non stiamo a guardare che le frasi siano scorrevoli. Spesso uniamo periodi tramite congiunzioni ed una vasta gamma di avverbi, a dimostrazione che non abbiamo una perfetta scaletta mentale, ma puntiamo sul cuore, sulle sensazioni che conserviamo e cerchiamo di incidere nero su bianco con l'augurio di trasmetterle al meglio. 

Poi, per carità, non siamo scemi e ci sono tanti luoghi che ci hanno interessato per storia, arte e tradizioni, e allora qualche nota la scriviamo, come è giusto che sia.  

Il fatto, però, che siano i resoconti informativi a farla da padrone, in rete  si è creato un circolo vizioso. I travelblogger han capito di dover far leva "sull'ignoranza" degli utenti in cerca di consigli, puntando gira e rigira sugli stessi argomenti e titoli acchiappa lettori, grazie anche all'aiuto dei motori di ricerca che, memorizzando le parole chiave più gettonate, permettono a tutti di essere trovati e seguiti da follower e curiosi. 

Ci dobbiamo vergognare a chiamarci "fuori"? Magari. 
Intanto ci arrovelliamo il cervello ogni volta stiliamo un articolo, con un titolo sempre diverso, accattivante, nonostante venga ignorato dal web...ma che appena pubblichiamo ci fa salire al settimo cielo!

Scrivere non ci da mangiare, indi per cui non siamo obbligati ad attirare nessuno e contrariamente a quanto possa essere diventato per altri, per noi è rimasto un passatempo, un momento da dedicare ai nostri pensieri, condivisi col mondo e soggetti ad apprezzamenti o critiche, ma pur sempre nostri.

In 4 anni siamo cresciuti dello 0,10%, ancora meno se dovessimo lamentarci dei pochissimi riscontri e di chi entra, "spia" e non lascia traccia di sè...(lo stiamo facendo?...ops!), eppure amiamo la nostra creatura proprio per i sentimenti che appuntiamo in tutti i diari.

Può essere rischioso, ce ne rendiamo conto. In particolare per ciò che potrebbero pensare gli anonimi che leggono e boh... non si sa. 
Fa strano non ricevere nulla, seguitando a restare "nudi" di fronte chicchessia, ma noi non smetteremo di parlare dei luoghi secondo il nostro punto di vista, nonostante i limiti e i silenzi degli estranei. 

Non vogliamo perdere l'entusiasmo nei nostri racconti, questa è la verità, e credo continueremo a dare un ruolo marginale alle descrizioni, pur di mantenere invariata la spontaneità e la naturalezza vissuta in viaggio.

Un viaggio quasi esclusivamente emozionale, ripetiamo, che va oltre il saper "cosa fare e dove mangiare" venduto in stock. Ogni viaggio è un bisogno personale, che spazia dal voler scoprire il mondo, al fuggire dalla routine quotidiana e mettersi in gioco, non è una gara tra chi crede di sapersi muovere ovunque e pretende di "insegnarlo" agli altri. 
Non ci sono soltanto "5 cose" che si possono fare nelle capitali europee e non è detto che si mangi bene in un paio di posti e basta. I gusti son gusti. Come i sentimenti degli uni, non potranno mai essere gli stessi degli altri.

E chi viaggia sul serio, questo lo sa. 

Commenti

  1. Infatti Milano e Torino ( e Mantova) sono " articoli" che in giro nooooon si trovano proprio. Lo so pure io che a Milano devo passare per il duomo 😂😂

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